Le nostre ricette: Kakavià di Sofia

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giovedì 21 agosto 2008

Kakavià di Sofia


Autore: Sofia


KAKAVIA’ di Sofia
(zuppa di pesce delle isole greche dell’Egeo)

Ingredienti:

  • 2 kg. di pesciolini piccoli vari (erano quelli che rimanevano
    nelle reti dei pescatori di diverse specie – più alta è la
    varietà e più è saporita la zuppa)
  • 2 cipolle tagliate a fettine sottili
  • 2 grosse patate tagliate a dadini
  • 1 gambo di sedano tagliati a rondelline
  • 2 grossi pomodori tagliati a pezzettini
  • olio e.v. abbondante
  • sale – pepe – succo di limone

Pulire e lavare tutti i pesci (l’ideale sarebbe con l’acqua di mare) e salarli. In una pentola mettere tutti gli ingredienti alternandoli e coprire con acqua. Cuocere a fuoco medio-basso fino a quando la zuppa diventa spessa e i vari sapori si sono amalgamati.
A questo punto si passano i pesci e si mangia condita col succo di limone.

Alcuni usavano anche un altro metodo.
Mettevano tutti i pesciolini in un telo di garza, lo chiudevano bene e lo mettevano nella pentola dove c’erano le verdure. A cottura ultimata, tiravano fuori il telo, lo aprivano, tiravano fuori tutta la polpa dei pesci mettendola nella pentola, richiudevano il panno strizzandolo bene sopra la pentola.

Nei giorni nostri la kakavià da il nome anche a una zuppa di pesce nobile, cioè una volta passati i pesci piccoli, nella zuppa ottenuta vengono cotti pesci grossi e anche costacei, ma non si dovrebbe più chiamarla kakavià.

La kakavià nasce come cibo da lavoro, piatto forte e sostanzioso dei pescatori. Cucinata sui kaiki (barconi da pesca) e già citata da Senofonte.

Per i cultori delle ricette tradizionali uno è l’ingrediente indispensabile: il pesce fresco, poi in ordine di importanza: la pentola (kakavi), l’olio (molto abbondante), il limone, le cipolle (se ci sono, ricordiamoci che è un cibo da peschereccio), le patate (se ci sono), i pomodori (se ci sono), e poi quello che si ha o si vuole mettere. Si diceva una volta che ci sono tante versioni delle kakavià quanti sono i pescatori. Ovviamente la mangiavano senza passarla o frullarla. Quella mangiata sulla terraferma è un’altra cosa, ma è sempre squisita.

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Bernardi Impastatrici

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